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Partenza | Saltino, parchetto del Monumento alla Pace |
Arrivo | Lama di Monchio passando per Parco Monte S. Giulia e Monchio di Palagano |
Totale | 14,7 km |
Dislivello | 700 m in salita, 270m in discesa |
Tempi | a piedi 7,30 ore in bicicletta 2,30 ore senza soste (i tempi variano, ma di poco in relazione al percorso scelto) |
Al ledam (Il letame). Mentre risaliamo sentieri e stradine, non è difficile imbattersi ai bordi dei campi in mucchi di letame, ossia le deiezioni delle mucche che gli agricoltori raccolgono dalle stalle e conservano gelosamente perchè è il concime naturale più prezioso per mantenere fertili i loro terreni sui quali viene sparso prima dell’aratura.
Le mucche sono erbivori con un particolare sistema di digestione, il rumine appunto e il letame sparso sui campi ha un particolare profumo ed è una risorsa fondamentale nel biologico e nel biodinamico, per garantire e ripristinare – in modo del tutto naturale – fertilità e vitalità del suolo, presupposti indispensabili per la qualità dei prodotti.
Ogni anno si tiene sull’appennino modenese il Festival del Letame (ultima edizione https://santaritabio.com/festival-del-letame/ )
La fascia collinare è punteggiata da numerose aziende agricole con allevamenti di bestiame, principalmente di mucche da latte per il famoso Parmigiano Reggiano.
Partì verso le somme colline, la terra ancestrale che l’avrebbe aiutato nel suo immoto possibile, nel vortice del vento nero, sentendo com’è grande un uomo quando è nella sua normale dimensione umana. E nel momento in cui partì, si sentì investito - nor death itself would have been divestiture - in nome dell’autentico popolo d’Italia, ad opporsi in ogni modo al fascismo, a giudicare ed eseguire, a decidere militarmente e civilmente. Era inebriante tanta somma di potere, ma infinitamente più inebriante la coscienza dell’usi legittimo che ne avrebbe fatto. Giuseppe Fenoglio ‘Il partigiano Johnny
La terza tappa ci porta nel centro dell’esperienza resistenziale: Gorrieri definisce le valli del Dolo, Dragone e Rossenna, la culla del movimento partigiano modenese. Ma soprattutto il percorso ci mette di fronte ad uno degli episodi più terribili di quei mesi: la strage di Monchio, Susano e Costrignano.
La terza tappa segna anche l’inizio della parte collinare del nostro percorso, insomma qua le salite si cominciano a far sentire e quindi occorre prenderla con calma. Entriamo nella zona riconosciuta dall’UNESCO dal 2015 Riserva della Biosfera dell’Appennino Tosco-Emiliano che comprende le zone collinari e montane delle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Massa Carrara e Lucca che entrano così nel MaB (Man and Biosphere) una rete mondiale di siti di interesse culturale ed ambientale posti sotto tutela. https://www.mabappennino.it/index.php
Trovare il percorso che soddisfi tutte le esigenze è molto difficile, specialmente in questo tratto, e quindi proporremo un percorso principale con due alternative.
Il percorso principale
Dal parcheggio della piazzetta di Saltino, ritorniamo indietro di 150m metri e sulla nostra destra risaliamo la ripida stradina asfaltata via Santa Giulia che passa dal Cimitero e arriva alla Chiesa Parrocchiale.
All’incrocio, in corrispondenza della Scuola dell’Infanzia, continuiamo a salire a sinistra su via Bagno.
Arrivati ad una biforcazione in corrispondenza di una casa e di una stalla diroccate, salire a destra per via Bagno nn.571 e seguenti.
Seguendo la strada asfaltata per un paio di chilometri raggiungiamo un incrocio dove via Bagno diventa via Prato Vignale che prosegue a mezza costa con leggeri saliscendi fino a sbucare sulla Provinciale (SP 24) in località Pugnago.
Se per i giovani renitenti alla leva della pianura rifugiarsi in montagna era una scelta obbligata, per quelli della montagna si trattava di spostarsi in zone impervie ma da loro conosciute benissimo.
Sono gli stessi parroci della montagna a consigliare i giovani a nascondersi.
Il segretario del fascio di Montefiorino, tal Muzzarelli, fece degli aspri richiami a questi parroci perché si rifiutarono di leggere in Chiesa i comunicati sulla chiamata di leva. Se insieme al rifiuto all’arruolamento, aggiungiamo che fra quelle abbandonate dagli Allievi dell’Accademia Militare (l’8 settembre erano alle Piane di Mocogno) sbandati o scambiate per vestiti civili, la disponibilità di armi non era trascurabile, il passaggio da un atteggiamento passivo ad uno offensivo fu piuttosto breve
Seguiamo la Provinciale per circa 500 metri fino ad incrociare sulla nostra sinistra via Cassuolo.
La salita molto ripida è certificata dal cartello 17% di pendenza, ma in pochi minuti siamo sul pianoro con una vista su tutto l’arco degli Appennini.
Stiamo su via Cassuolo, stando attenti a rimanere sulla via principale (ci sono diverse deviazioni che vanno alle case o alle stalle), avendo di fronte la sommità di Monte Santa Giulia identificabile dalle antenne dei ripetitori.
Ad un certo punto l’asfalto finisce, proseguiamo su sterrato fino a trovare sulla nostra sinistra le indicazioni per monte Santa Giulia e ci troviamo su un sentiero segnato bianco/rosso che per 200 metri sale ripidissimo (bisogna spingere la bici).
Nella zona che stiamo attraversando, il rastrellamento viene realizzato inizialmente dai fascisti e quindi da italiani. Oltre ai Carabinieri, la montagna viene presidiata da ingenti forze della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana), impiegando anche reclute del 1924-1925, giovanissimi, arruolatisi più per paura che per convinzione. La presenza minacciosa dei presidi fascisti aumenta la pressione. Le perquisizioni, le prepotenze, le razzie di alimentari portano all'esasperazione le popolazioni locali, a cui si aggiungono le minacce di ritorsioni se non si denunciano i ribelli e i renitenti, con il corollario di scontri e imboscate coi gruppi locali di partigiani
Raggiunta la sommità del sentiero, proseguendo diritti il percorso diventa una comoda strada ghiaiata che gira in costa attorno a Monte Santa Giulia. Dobbiamo però stare molto attenti ed alla nostra destra cercare una strada cementata che risale ripidissima fino ad una casa ben identificabile di colore verde. Superata la casa, risaliamo per lo sterrato nel bosco, troviamo una sbarra, la oltrepassiamo e siamo nel Parco di Monte Santa Giulia. Proseguendo sul sentiero del parco, nella parte dove ci sono i barbecue e le banchine per i pic-nic, si arriva al centro del sito monumentale con le sculture che rappresentano la Resistenza. Sulla sommità del parco troviamo la Chiesetta che in origine era una Pieve Matildica.
Santa Giulia rimase un punto strategico per tutto il periodo resistenziale,
tanto che nella seconda fase della Repubblica di Montefiorino quando il
Comando partigiano venne trasferito a Farneta, una delle tre brigate
partigiane, oltre la Dolo e la Dragone, fu proprio denominata Santa Giulia.
Nella chiesetta alla sommità del monte a fine 1944 vennero stipate armi e
materiali recuperate da aviolanci alleati e il 9 gennaio 1945 l'edificio venne
fatto saltare dai partigiani per evitare che cadessero in mani tedesche
durante l'ennesimo rastrellamento.
All’interno del Parco, prima di scendere verso Monchio, possiamo percorrere un breve itinerario che gira nel bosco e ritorna nell’area delle sculture.
A Monchio si distinse un gruppo facente riferimento a Leo Dignatici, un ufficiale dell’esercito italiano, che organizza i giovani renitenti alla leva e che insieme a Ermete Compagni, Giuseppe Rebuttini, Domenico Telleri costituisce un nucleo locale all’inizio per autodifesa in caso di rastrellamenti.
In caso di avvicinamento di fascisti o tedeschi, le campane suonavano e loro si sarebbero radunati con le armi sopra Casa Ponci.
Monte Santa Giulia, famoso per le vicende della Resistenza, è un punto di passaggio del Cammino di Santa Giulia, un itinerario evocativo della traslazione delle reliquie di Santa Giulia, una delle quali si trova nella Chiesa di Monchio, avvenuta in epoca Longobarda nel 762.
Un viaggio a piedi di 460 Km, 25 tappe, fra Toscana, Emilia e Lombardia, da Livorno a Brescia. https://ilcamminodisantagiulia.it/
Il Memorial Santa Giulia.
Nel 1994 viene inaugurato il complesso scultoreo posto sulla sommità di Monte Santa Giulia in località di Monchio nel Comune di Palagano, per ricordare il contributo dei partigiani della montagna alla Resistenza e la strage di Monchio Susano Costrignano e Savoniero. Le opere scultoree in pietra locale, 14 monoliti, come le 14 brigate partigiane operanti in zona, furono realizzate nel corso di un simposio internazionale che si tenne nel 1986. All’interno del Centro servizi per il turista, possiamo visitare la mostra permanente sulla realizzazione del Memoriale.
Usciti dal Centro Servizi al Turista del Parco della Resistenza di Monte Santa Giulia dove troviamo il Bar Ristorante e la Sala Convegni, scendiamo verso Monchio. Dopo alcuni tornanti sulla nostra destra noteremo via le Macchie
Fra giovani in fuga, pressione fascista e primi nuclei di autodifesa si inserisce il gruppo sassolese di Giovani Rossi già da novembre/dicembre 1943 presente in questa zona, fra il Monte Santa Giulia, la località le Macchie di Monchio e poco più avanti a Casa Cioppo di Costrignano.
Grazie anche ad un inverno eccezionalmente mite, i partigiani sperimentano che non è poi così difficile vivere alla macchia e da qui preparare le azioni contro gli occupanti.
Ed è proprio la pattuglia di Rossi che
il 7 gennaio 1944 è protagonista di una azione clamorosa: l’occupazione della caserma della GNR di Pavullo.
Raggiunto Monchio, ci sono diverse possibilità: in piazza abbiamo la fontana e possiamo visitare il Parco a memoria dell’eccidio, il Monumento dei Caduti trucidati dai nazi-fascisti e l’adiacente ‘Campo Rosso’ il luogo dove furono uccisi i civili. Possiamo poi fare una visita alla Chiesa Parrocchiale dedicata alla Beata Vergine Assunta, solennità che ricorre proprio il 15 agosto. La Chiesa parrocchiale conserva la memoria del beato Rolando Rivi.
Il 13 aprile 1945 il seminarista Rolando Rivi, di anni 14, dalla casa dei genitori, in località San Valentino di Castellarano, per circostanze non del tutto chiare, si reca a piedi verso Monchio dove incontra i suoi assassini che lo ritengono una spia dei fascisti. La Corte d’Assise di Lucca con sentenza confermò in Appello e la Cassazione la condanna di Narciso Rioli e Giuseppe Corghi, comandante e commissario di un battaglione della Brigata Dolo. Il 21 settembre 2013 Papa Francesco proclama Beato il servo di Dio Rolando Rivi, “giovane seminarista e martire, testimone eroico del Vangelo”. La beatificazione si svolge a Modena il 5 ottobre 2013. La festa del Beato è il 29 maggio. Lungo la strada provinciale prima di Monchio viene eretta una grande croce in ricordo del martirio.
Poi scendiamo nel Parco dei Caduti dedicato alle vittime della Strage, che nel 2012 è stato risistemato e ripiantumato con 136 alberi come il numero delle vittime.
Torniamo al marzo del 1943.
Lo sforzo dei fascisti non sortisce gli effetti sperati, nessun ribelle viene arrestato ed anzi il movimento dei partigiani pare essere più forte. Per questo chiedono aiuto ai nazisti.
D’altra parte loro, i nazisti, sono esperti del settore, avendo maturato una grande esperienza nella avanzata verso est durante l’invasione dell’Unione Sovietica con la strategia della ‘terra bruciata’ e della rappresaglia ai danni della popolazione civile ritenuta, consapevolmente o meno, complice delle azioni partigiane.
Le rappresaglie erano progettate e realizzate in base a protocolli operativi molto precisi, insomma i nazisti intervenivano in base ad un vero e proprio manuale dove si specificava chi, cosa e come colpire.
Dopo gli scontri del 16 marzo 1944 coi partigiani, proprio a Lama di Monchio, nella zona del Molino, verso Santa Giulia, in cui furono uccisi un ufficiale e sei tedeschi, l’ordine parte da Bologna: Helmeth Dannehl, il tenente colonnello della Militärkommandantur, convoca il Rittmeister Kurt Christian Von Loeben ordinandogli di effettuare un’operazione antipartigiana sulla montagna modenese.
Il 17 marzo la 2° e la 4° Compagnia della 1° Fallschirm-Panzer-Division Hermann Göring (sono paracadutisti e li ritroviamo in numerose altre ‘imprese’ di questo genere lungo la Linea Gotica) partono per Montefiorino.
Una volta arrivati, collocano una batteria antiaerea sulla Rocca di Montefiorino che all’alba del 18 marzo inizia a cannoneggiare il versante opposto della Valle del Dragone, sulle case di Monchio, Susano e Costrignano. Contemporaneamente una colonna di autoblindo e autocarri tedeschi insieme alle milizie fasciste raggiunge la zona ed inizia la rappresaglia prima a danno degli abitanti e delle case poste sulla carrozzabile e poi le borgate isolate.
Uccisioni sul posto indiscriminate di uomini, donne, anziani e bambini, spesso fatte apposta in modo che i familiari assistano al massacro dei loro cari, poi case e fienili bruciati, razzia di tutto quanto possibile, da alimentari a suppellettili, col chiaro intento di rendere impossibile riprendere una vita normale per tutti, soprattutto ai partigiani.
In poche ore il risultato è sconvolgente: 136 vittime, paesi ridotti in macerie, su tutto regna un silenzio di morte, come scrisse don Luigi Braglia, Parroco di Monchio, che assistette all’eccidio dal suo nascondiglio sulle volte della chiesa parrocchiale. In occasione del XX Anniversario dell'Eccidio la Commemorazione venne celebrata alla Camera dei Deputati nella seduta del 18 marzo 1964.
Vent'anni dopo, 1984, viene costituito il Comitato d'Onore per le Onoranze alle vittime nel 40° anniversario dell'eccidio di Monchio Costrignano e Susano, presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri On. Bettino Craxi.
Nel 2005 a seguito del ritrovamento del c.d. Armadio della vergogna, l’11 novembre 2009 compaiono davanti al Tribunale penale militare di Verona gli imputati ancora viventi, responsabili della strage, Hans Georg Winkler, di anni 86, sottotenente, comandante della 4^ compagnia; Fritz Olberg, 88 anni, sottotenente, comandante di plotone della 3^ compagnia; Wilhelm Karl Stark, di anni 89, sergente, comandante di squadra della 3^ compagnia; Ferdinand Osterhaus, di ani 92, sottotenente, comandante di plotone della 5^ compagnia; Helmut Odenwald, di anni 90, capitano, comandante della 10^ batteria artiglieria antiaerea; Gunter Heiroth, di anni 84, soldato della 3^ compagnia, accusati di crimini contro l’umanità.
Con un primo grado di giudizio nel 2011 a cui ne è seguito un secondo che conferma l’ergastolo per tre di loro ed un terzo nel 2014 che prende atto della morte di uno degli imputati.
Oltre al procedimento giudiziario, sempre dopo il 2000 abbiamo una significativa ricostruzione della memoria della strage, di cui il Memoriale della Località la Buca, casa Marastoni, a Susano ne è diventato un il simbolo.
Da Monchio, nella piazza dove c’è il monumento, scendiamo per una stradina asfaltata segnata bianco/rosso n.574 che diventa uno sterrato che poi scende ripidamente fino ad incrociare una strada dove un segnale bianco/azzurro indica a sinistra la direzione per Lama di Monchio.
Dopo pochi metri, seguendo sempre le indicazioni, salire a destra e proseguire fino a raggiungere in salita il centro di Lama.
Alternativa uno.
Da Saltino, sia a piedi che in bicicletta, seguire la strada provinciale fino a Monchio e da qui raggiungere il Parco di Monte Santa Giulia. E’ vero che siamo su una carrozzabile, ma non essendo tanto trafficata, si percorre in totale sicurezza e senza sorprese o possibilità di perdersi.
Si parte quindi da Saltino, si attraversa la frazione di Pugnago (in Comune di Prignano sulla Secchia), la strada intanto da via per Monchio diventa via Panoramica (ora siamo in Comune di Palagano): alla vostra destra avete una visione magnifica di tutto l’arco degli Appennini, sono ben distinguibili la Pietra di Bismantova, il Ventasso, l’Alpe di Succiso, il Monte Modino, la catena del Cusna, fino al Cimone.
In basso invece vediamo la confluenza dei torrenti Dragone e Dolo con il (o la) Secchia. Dall’altra parte della Valle del Dragone possiamo individuare la sagoma massiccia della Rocca di Montefiorino che è la meta del nostro percorso.
Da Monchio saliamo poi la strada del Parco di Monte Santa Giulia e raggiungiamo Lama come indicato nel percorso principale.
Alternativa due.
Il secondo percorso, certamente più interessante dal punto di vista escursionistico, richiede particolare attenzione, esperienza e senso dell’orientamento.
Si può fare anche in bicicletta, ma diciamo subito che alcuni passaggi sono a spalla e quindi se non si vogliono avere sorprese meglio scegliere la modalità a piedi. Partiamo sempre dal piccolo parcheggio del monumento di Saltino e giriamo sotto la piazza per via Ducale, seguendo le indicazioni del segnavia CAI n.574.
Per un paio di chilometri via Ducale è asfaltata ed attraversa in saliscendi diversi gruppi di case, siamo paralleli al letto del fiume Secchia.
Proseguendo, finisce l’asfalto, rimaniamo sempre su via Ducale, ponendo attenzione ai segnali bianchi e rossi che certificano che siamo su un sentiero segnato del CAI.
Ad un certo punto, ma bisogna proprio porre la massima attenzione, sulla vostra sinistra trovate un cartello che indica la località Caselletta, da lì una traccia di sentiero ripidissimo sale nel bosco (è il tratto impossibile da fare in bicicletta), seguendo questa traccia e continuando a salire nel bosco, con un magnifico panorama sul paese di Cerredolo e sulla valle del Secchia con la Pietra di Bismantova sullo sfondo, si arriva al borghetto chiamato borghetto Dignatica: se lo trovate siete salvi!
Qui inizia una stradina asfalta, via Dignatica appunto, bellissima, che dolcemente, fra case coloniche ed aziende agricole, risale fino ad incrociare la provinciale.
Lungo via Dignatica in località la Macchia troviamo un cippo che ricorda il primo grande rastrellamento contro la zona libera della Repubblica di Montefiorino nell’estate del 1944. Le formazioni partigiane di Monchio e di Narciso Rioli sono impegnate nella difesa del Ponte Secchia e nei combattimenti muore Guerrino Pugnaghi. Sulla lapide marmorea l’iscrizione recita: “Il patriota Guerrino Pugnaghi qui fu ucciso dai barbari nazifascisti il 31/7/1944”.
Usciti da via Dignatica, attraversiamo la provinciale e risaliamo sulla via asfaltata che troviamo proprio davanti a noi: è via Cassuolo e ci si collega quindi al percorso principale.
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